mercoledì 10 aprile 2013
giovedì 28 marzo 2013
A CARTIERA...OVVERO LA CARTOPIAVE
cartopiave
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Buona lettura.
Eravamo come un piccolo fiume, un "fiume di biciclette", che al suono della sirena si snodava lungo
L’avventura era cominciata qualche anno prima, verso la fine del 1959, all'inizio di quei mitici anni Sessanta che vedevano il Paese, appena uscito dagli anni bui del dopoguerra, travolto dal boom economico ed in pieno sviluppo industriale. Un gruppo di imprenditori veneti, tra cui le famiglie Zoppas, Carpenè e Zanussi, decisero di fondare un'azienda per la produzione del cartone ondulato, per sopperire direttamente alle necessità d'imballo dei propri prodotti. La zona era caratterizzata da un contesto territoriale e sociale fortemente rurale, come del resto lo era l'intera penisola italiana. La localizzazione a Ponte della Priula, in particolare, posta tra la direttrice stradale della Pontebbana e la linea ferroviaria Venezia—Udine, fu considerata strategica nell'area del Nord-Est d’Italia per la costruzione della cartotecnica.
Tra i diversi soci fondatori della neonata S.p.A vi era un certo Joseph Palamenti, italo-americano proprietario anche di una cartotecnica nel New Jersey. Grazie a lui fu presa la decisione di inviare negli Stati Uniti un piccolo gruppo di operai, per imparare teoria e pratica necessarie per l'utilizzo delle nuove attrezzature, anche perché il cartone ondulato era un prodotto nuovo per l'Italia, dove si faceva ancora gran uso di imballaggi di legno. Per molti di loro fu come vivere un sogno, circondati di un benessere visto solo al cinema, tanto da creare al rientro qualche problema di riadattamento. Tale esperienza americana contrastava notevolmente con la realtà della produttività italiana. Infatti negli Stati Uniti per la fabbricazione del cartone ondulato erano utilizzate carte qualitative di gran lunga superori a quelle italiane, per due ragioni fondamentali: la grande disponibilità di foreste di conifere e di betulle (che consentiva un'ampia produzione di kraft e di semichimiche pregiate) ed un massiccio impiego di legnami nell'edilizia (che forniva all'industria cartaria notevoli e costanti quantità di residui di lavorazione garantendo carte pregiate a costi contenuti).
Al rientro in Italia, grazie all'unione dei primi macchinari con le conoscenze importate dagli Stati Uniti, l'azienda cominciò ad acquisire porzioni di mercato sempre maggiori, tanto da essere considerati dei veri e propri pionieri del settore. I primi rudimentali macchinari, avevano i rulli di legno ed i primi cliché o meglio le prime gomme, puntualmente incise a mano, venivano direttamente applicate sul cilindro con delle graffette. Alto, Fragile, Sopra, Sotto, qualche freccia e qualche Made in Italy, erano le uniche scritte, non certo le opere d'arte grafica a più colori di oggi. I colori, quattro o cinque tonalità, non flexo ma a solvente, erano densi e venivano spalmati all'interno di rudimentali calamai, diluiti e successivamente asportati manualmente con molto "olio di gomito". Quarant'anni fa la manualità era la norma in tutte le fasi di produzione: un operaio con un carretto e una forca da stalla si occupava dell'ingrato compito di eliminare i rifili; le donne provvedevano alla legatura dei pacchi e alla scartinatura dei fori dei fustellati in platina (le utilizzatrici di fustelle e controfustelle, dovevano ancora nascere.). Purtroppo c'era poca attenzione alla sicurezza ed accadevano molti più incidenti di oggi.
Si pranzava assieme, non c'era la mensa, ma un pentolino molto simile alle gavette militari che veniva scaldato a "bagnomaria" in apposite vasche metalliche. Eravamo più poveri, più semplici ma ugualmente felici. Le impiegate, bardate con dei poco femminili grembiuli da commesse dei grandi magazzini armeggiavano con rumorosissime e ferrose macchine da scrivere o con delle vetuste calcolatrici. I pennarelli non erano ancora stati commercializzati, così fino al 1964 i primi bozzetti delle attuali schede tecniche venivano dipinti con pennello e acquerelli, altro che file in PDF o JPG, pura fantascienza!
Da allora molte cose sono cambiate, anche nella struttura societaria. Tra il 1975 e il 1980 si passò al completo assorbimento da parte della Zanussi Elettrodomestici; nel 1982 la cartiera austriaca Nettingsdorfer acquistò il pacchetto di maggioranza unitamente ad un azionista italiano, per passare poi al Gruppo Smurfit, che è storia dei nostri giorni.
Oggi i tecnici sono decisamente più professionali e più determinati; molti dei vecchi capireparto sono diventati a loro volta piccoli imprenditori, quelli che hanno fatto diventare mitico il nostro Nord-Est. Ma se si ripensa a quegli anni '
mercoledì 20 marzo 2013
C'ERA UNA VOLTA DAL VERA
sabato 28 aprile 2012
Recensione
lunedì 9 aprile 2012
Albino Luciani il papa degli umili
Carissimi sacerdoti,
parecchi ormai me l'avete detto: i nostri paesi stanno trasformandosi! La emigrazione, allargatasi d'improvviso e con un raggio assolutamente impensato (700 emigranti in una sola parrocchia), assume aspetti d'incendio con vampe morali sinistre. L'industria galoppa; capannoni si aggiungono a capannoni non solo a Conegliano, a Vittorio Veneto, ma in tanti altri centri; sempre più numerose le maestranze, più lunghe le file di moto che mattino e sera portano i giovani al lavoro, più frequenti e vivaci le questioni sindacali. La stessa agricoltura cambia volto: le macchine rendono inutili migliaia di braccia; i figli dei contadini frequentano le scuole medie a frotte; radio e televisione spalancano finestre enormi su un mondo sinora ignorato e adesso presentato vicinissimo ad occhi che guardano sbarrati di meraviglia, pronti a tutto registrare, fotografare e, purtroppo, copiare.*
Breve estratto dell’appello che l’allora vescovo di Vittorio Veneto, Albino Luciani, rivolse ai sacerdoti in preparazione all’incontro di studio di tre giorni sui temi dell’industria, dell’agricoltura e dell’emigrazione, tenutosi nel giugno del 1959.
martedì 14 febbraio 2012
GLI ANNI DEL CAMBIAMENTO
Ma non si assistette ad un abbandono completo della campagna, poiché gli operai nelle ore libere continuarono a lavorare un piccolo appezzamento di terra, e la domenica erano in cantiere per costruire la propria casetta in economia aiutati da parenti, amici e vicini della contrada.
Possiamo ritenere che la diffusa imprenditorialità della Marca fu generata principalmente all’interno della famiglia mezzadrile, come una forma di riscatto culturale ed economico della stessa.
La famiglia mezzadrile ha fornito allo sviluppo del nostro territorio risorse umane e imprenditoriali, oltre uno spirito di intraprendenza e di rivalsa dal quale derivano molte delle attività attuali, consentendo uno straordinario salto di qualità sotto diversi profili: sociale, culturale ed economico.
PREFAZIONE AL LIBRO
Susegana, più che altri comuni del coneglianese, nel corso degli anni Sessanta e Settanta ha subito una grandiosa trasformazione, passando in pochi anni da area prevalentemente agricola a realtà industriale.
Gli insediamenti più significativi erano rappresentati dalla Zoppas e dalla Dal Vera, seguiti da un numero rilevante di altre aziende di piccole e medi dimensioni..
Superamento della mezzadria e nuovi assetti sociali all'interno del mondo agricolo, sviluppo industriale e del terziario rappresentavano il motore trainante del profondo cambiamento del nostro territorio.
Questi grandi processi di rinnovamento rivoluzionarono in breve tempo anche la vita e i costumi dei cittadini, soprattutto dei giovani i quali rivendicavano con forza e determinazione non solo maggiori salari, ma anche dignità e rispetto nei luoghi di lavoro.
Questi complessi mutamenti, che investirono anche il mondo imprenditoriale, il sindacato, le forze politiche e sociali, il mondo cattolico, segnarono una fase caratterizzata da duri scontri sociali, serrati confronti e forti passioni ideali.
L'intera società, protagonista di queste evoluzioni, ogni giorno si interrogava su quanto stava accadendo, cercando di capire dove portassero i tumultuosi processi in atto e che cosa fare rispetto a quanto la stava coinvolgendo.
Rudy Bortoluzzi, che non ha vissuto quegli anni, ha svolto una profonda analisi economica, politica e sociale, corredandola di dati importanti e utili che consentono ai lettori di disporre di materiale significativo, anche nella memoria fotografica.
L'autore, che vive a Susegana e vi ricopre l'incarico di assessore comunale, ha scelto di porre la sua città di origine al centro del suo studio in quanto questa fornisce uno “spaccato” decisamente emblematico dei processi di cambiamento intervenuti nell'intero Nordest, sia sotto il profilo economico, sociale e culturale, sia per le modifiche urbanistiche intervenute.
Specialmente per quanto riguarda le nuove generazioni, quel ciclo di sviluppo si sta esaurendo, ponendo problematiche inedite sulla necessità di rilanciare una rinnovata qualità del lavoro e sulla necessità di cogliere il valore del modello degli anni Sessanta e Settanta, la sua crisi irreversibile, e in particolare l'urgenza di un suo rilancio e riqualificazione.
L'autore ha saputo legare passato e presente con grande equilibrio, riaprendo una riflessione su difficili questioni oggi quanto mai attuali.
Di fronte alla crisi economica della nostra società ritengo, infatti, vadano ridefiniti i rapporti tra tutti i soggetti del mondo del lavoro: lavoratori, sindacato, classe imprenditoriale e istituzioni.
La storia insegna che i protagonisti delle lotte sociali degli anni Sessanta e Settanta hanno rappresentato un indiscutibile patrimonio tradotto in proposte, azioni e grandi risultati: furono loro, i più deboli, che, organizzandosi, segnarono le fasi più importanti dello sviluppo economico e sociale di allora.
Questo libro ci aiuta a conoscere quel recente passato che ci riguarda tuttora, ma è anche strumento per quanti intendessero proseguire la ricerca in questi ambiti, con l'obiettivo magari di trovare strade nuove da percorrere e costruire risposte concrete soprattutto per le nuove generazioni.
Lo studio di Rudy Bortoluzzi non elabora conclusioni, ma piuttosto fornisce validi elementi di riflessione e di confronto.
Il valore del suo lavoro sta, dunque, nel fatto che ci aiuta a capire il presente e a lavorare per il futuro.
Renato Donazzon